I FIGLI DELLA NOTTE
Giulio è un 17enne di buona famiglia che si ritrova catapultato nell'incubo della solitudine e della rigida disciplina di un collegio per rampolli dell’alta società, una sorta di “prigione dorata” isolata tra le Alpi, dove vengono formati i “dirigenti del futuro”: internet imbavagliato, telefono concesso per mezz'ora al giorno, ma quel che è peggio violenze e minacce dai ragazzi più “anziani”, nell'apparente accondiscendenza degli adulti. Giulio riesce a sopravvivere grazie all’amicizia con Edoardo, un altro ospite del collegio. I due ragazzi diventano inseparabili e iniziano ad architettare fughe notturne dalla scuola prigione, verso un luogo proibito nel cuore del bosco, dove conoscono la giovane prostituta Elena. Ma la trasgressione fa parte dell'offerta formativa, il collegio sa tutto del locale e delle uscite notturne, gli educatori, tra cui Mathias, vigilano costantemente, restando nell'ombra...
GENERE: Drammatico
REGIA: Andrea De Sica
ATTORI: Vincenzo Crea, Fabrizio Rongione, Ludovico Succio, Yuliia Sobo, Luigi Bignone, Pietro Monfreda, Dario Cantarelli, Michael Bernhard Plattner
DURATA: 85 Min
CRITICA: Non nasconde elementi di autobiografia Andrea De Sica mentre "annota" l'origine del suo esordio in lungo I figli della notte. Il nipote di Vittorio e figlio del compianto Manuel indubbiamente ha un cinema "severo" nel sangue, qui ferocemente sentenzioso.
Opera prima di Andrea de Sica, I figli della notte s'inserisce in quel filone di racconti collegiali al maschile, cui fanno capo Il club degli imperatori e L'attimo fuggente. Esplora le vite nei dormitori e indaga le ragioni di un gruppo di giovanissimi, prigionieri dell'inospitale accademia e del loro stesso lignaggio. Dopo l'ennesima bravata, il sedicenne Giulio (Vincenzo Crea), che è un ragazzino allampanato, timido ed emotivamente fragile, viene spedito dalla madre in un collegio d'élite, una fucina di "futuri dirigenti" camuffata da castello asburgico arroccato tra le Alpi. Si accorge presto che è un ambiente freddo e ostile, abitato da rampolli fasciati in pullover stemmati e insegnanti che tuonano rimproveri in continuazione; una scuola con un sistema educativo che rasenta la disciplina militare, con internet imbavagliato, mezz'ora di telefonata al giorno, e frequenti episodi di "nonnismo" patiti in silenzio dagli sprovveduti studenti più giovani. Gli adulti, al corrente della situazione, accettano la pratica come consuetudine radicata, e nonostante sorveglino gli allievi attraverso videocamere nascoste, scelgono di non intervenire. Nel clima di reticenza generale, stranamente Giulio si rispecchia in una personalità opposta alla sua, quella del coetaneo Edoardo (Ludovico Succio), che invece ha un temperamento ribelle e anticonformista, e nessuna paura di mostrarsi insofferente verso il bullismo imperante. Insieme, i due inseparabili amici architettano fughe notturne dalla scuola, discese negli spettrali corridoi in penombra e corse nel bosco, all'interno del quale si nasconde un luogo proibito e allettante...la parte migliore dell'offerta formativa.
L’idea del film è legata ai miei anni del liceo e ad alcune persone che hanno segnato la mia vita. L. era stato tre anni in collegio, un ragazzo schivo, molto bene educato, era sempre il più elegante di tutti. Un giorno ebbe uno diverbio con un tipo per via di una ragazza: lo affrontò e lo lasciò riverso sul marciapiede in una pozza di sangue. L. fu denunciato per tentato omicidio: non fece mai parola di quello che aveva fatto, nemmeno per fare il gradasso. Sotto quell’aurea serafica e taciturna era nascosto l’istinto di un killer. E. a quindici anni era già scappato di casa tre volte. Aveva fatto di tutto: il taccheggiatore, il barbone, il lavavetri, nonostante fosse molto ricco. Anche lui in passato era stato in collegio, dove aveva conosciuto i suoi più grandi amici, che dopo non avrebbe rivisto mai più. Questi incontri sono stati la spinta per provare a raccontare un universo giovanile che mi sembrava poco esplorato, almeno nel nostro paese: volevo raccontare un disagio che non è legato all’emarginazione sociale di qualsiasi natura, ma che non per questo è meno profondo o radicato oggi nella nostra società. La situazione estrema di un collegio per rampolli di ricche famiglie è stata la chiave che ho scelto per confrontarmi con uno dei sentimenti più forti che un adolescente possa sperimentare: l’abbandono. Il collegio è nel film l’incarnazione sotto forma di uno spazio fisico concreto delle difficoltà di relazione tra genitori e figli nel passaggio dall’infanzia all’età adulta. Avvicinarmi a una generazione non molto lontana dalla mia è stata un’esperienza forte: il mondo degli adolescenti è vitale e allo stesso tempo fragile, sentimenti innocenti e aggressivi convivono senza distinzione. È un’età indefinita dove tutto è ancora possibile, ma che spesso viene segnata da esperienze che trasformano il proprio destino. Ho immaginato una favola nera: una storia di formazione o meglio di ‘deformazione’. I sentimenti più profondi dei protagonisti mi hanno portato nel mondo dei sogni, degli incubi, utilizzando le suggestioni dell’horror come genere che affronta aspetti della mente umana altrimenti intraducibili per immagini. Andrea De Sica