GRAZIE RAGAZZI
Niviano giovedì 18 luglio ore 21:15
Di fronte alla mancanza di offerte di lavoro, Antonio, attore appassionato ma spesso disoccupato, accetta un lavoro offertogli da un vecchio amico e collega, assai più smaliziato di lui, come insegnante di un laboratorio teatrale all’interno di un istituto penitenziario.
All’inizio titubante, scopre del talento nell’ improbabile compagnia di detenuti e questo riaccende in lui la passione e la voglia di fare teatro, al punto da convincere la severa direttrice del carcere a valicare le mura della prigione e mettere in scena la famosa commedia di Samuel Beckett “Aspettando Godot” su un vero palcoscenico teatrale.
Giorno dopo giorno i detenuti si arrendono alla risolutezza di Antonio e si lasciano andare scoprendo il potere liberatorio dell’arte e la sua capacità di dare uno scopo e una speranza oltre l’attesa.
Così quando arriva il definitivo via libera, inizia un tour trionfale.
Genere: Commedia
Regia: Riccardo Milani
Attori: Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi, Nicola Rignanese, Imma Piro, Gerard Koloneci, Liliana Bottone, Bogdan Iordachioiu, Fabrizio Bentivoglio
Durata:117 min
Il carcere non è il fulcro narrativo di Grazie ragazzi, è solo la cornice, il pretesto per raccontare alcune storie di personaggi marginali della nostra società. Ognuno dei cinque attori protagonisti del Godot diretto da Antonio nasconde una storia difficile, a volte troppo complicata da raccontare. Aziz (Giacomo Ferrara), ad esempio, nasce a Tripoli e arriva in Italia su un gommone sgonfio in braccio alla madre. In carcere c’è finito perché dopo l’ennesimo insulto razzista ha reagito con una coltellata. Diego (Vinicio Marchioni) è il classico boss sbruffone di cui tutti hanno gran timore e a cui la moglie non fa vedere il figlioletto. A tratti sembra di intravedere qualcosa del Freddo di Romanzo criminale – La serie, anch’esso interpretato da Marchioni ma in una chiave molto diversa. Allo stesso modo il Damiano di Andrea Lattanzi riporta alla mente il suo Manuel nel film di Dario Albertini, due personaggi accomunati da una fragilità esistenziale che tendono a mascherare con un atteggiamento arrogante. Tutti i personaggi del film, compreso quello di Albanese, sono in qualche modo degli archetipi che seguono modelli di comportamento ben precisi e strutturati. Quello che funziona è sicuramente la dinamica del gruppo, il coro che si muove come una cosa sola in tutto l’arco del film unito dalla travolgente passione per il teatro. In una scena in particolare, sono proprio le parole di Beckett ad unire questi detenuti separati dalle sbarre e divisi ognuno in una cella diversa. In questo senso la regia di Milani si mette giustamente al servizio della storia e delle storie di cui si fanno testimoni i protagonisti, con semplicità e senza calcare la mano con pietismi di sorta.